Nuova formulazione dell’art. 20 TUR (DPR 131/86) .
La modifica apportata dall'art.1 c. 87 della L. 205/2017 ha natura innovativa e non interpretativa (lo si desume dal testo della norma che si esprime in termine di "modificazione"). Ne consegue che l'efficace temporale delle modifiche dell'art. 20 è retto dal principio tempus regit actum. Conseguentemente l'innovazione normativa non assume rilevanza in merito agli atti impositivi emessi  e notificati dall'Agenzia delle Entrate fino alla data del 31 dicembre 2017.

 

Art. 20. Interpretazione degli atti 1. L'imposta e' applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici, ((dell'atto presentato)) alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente ((, sulla base degli elementi desumibili dall'atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi)).

È il principio del tempus regit actum che regola l’efficacia temporale delle modifiche all’articolo 20 del registro. L'Agenzia afferma che le modifiche all’articolo 20 del Dpr 131/86 trovano applicazione «con riferimento all’attività di liquidazione dell’imposta effettuata dagli uffici dell’Agenzia a decorrere dal 1° gennaio 2018». L’agenzia nega la valenza interpretativa della nuova norma, innovata dalla legge di Bilancio 2018, “appellandosi” alla previsione dello Statuto del contribuente, per il quale le norme interpretative devono essere qualificate come tali.

Tuttavia la Cassazione ha, in più occasioni, stabilito che, per individuare norme a carattere interpretativo, non necessita affatto una espressa qualifica delle stesse.

Poiché l’«attività di liquidazione» per l’imposta di registro può avere una latitudine ampia, il senso più “tecnico” della risposta si ricava quando la stessa Agenzia afferma che le nuove disposizioni non si applicano con riferimento agli «avvisi di accertamento» già notificati in data antecedente al 1° gennaio 2018, ancorché non definitivi. In sostanza, l’Agenzia, negando la valenza interpretativa della norma, ritiene che le nuove disposizioni trovino applicazione per gli atti impositivi notificati dal 1° gennaio 2018.

Viene valorizzato il principio del tempus regit actum che, peraltro, venne ritenuto applicabile quando venne introdotta la normativa sull’abuso del diritto, oggi richiamata dall’imposta di registro. Così, secondo l’Agenzia, dovendo fare salve le precedenti disposizioni dell’articolo 20 per gli atti impositivi notificati fino al 31 dicembre scorso, ne deriva l’applicazione delle nuove norme per gli atti notificati dal 1° gennaio 2018.

Come si desume dalla sentenza della Cassazione n. 2007/2018, anche l’Agenzia sembra dare molta rilevanza all’aggancio con la previsione sull’abuso del diritto, oggi richiamata dal nuovo articolo 53-bis del registro. Premesso che tale previsione appare pleonastica, avendo già il principio di abuso applicazione generale per tutti i tributi, si nota che l’Agenzia afferma l’applicabilità dell’abuso del diritto nell’imposta di registro in ragione di un «vantaggio fiscale» che non può essere individuato mediante l’attività interpretativa dell’articolo 20 del Dpr 131/1986. In realtà, come oramai ampiamente noto, non è il vantaggio fiscale che realizza ipotesi di abuso del diritto, ma il vantaggio fiscale «indebito».

Art. 53  bis (Attribuzioni e poteri degli uffici) DPR 131/86 1. ((Fermo restando quanto previsto dall'articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, le attribuzioni e i poteri)) di cui agli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, possono essere esercitati anche ai fini dell'imposta di registro, nonche' delle imposte ipotecaria e catastale previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.

 

Art. 10-bis L 212/2000 (( (Disciplina dell'abuso del diritto o elusione fiscale). )) ((1. Configurano abuso del diritto una o piu' operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all'amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni. 2. Ai fini del comma 1 si considerano: a) operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformita' dell'utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato; b) vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalita' delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario. 3. Non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalita' di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa ovvero dell'attivita' professionale del contribuente. 4. Resta ferma la liberta' di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale. 5. Il contribuente puo' proporre interpello secondo la procedura e con gli effetti dell'articolo 11 della presente legge per conoscere se le operazioni che intende realizzare, o che siano state realizzate, costituiscano fattispecie di abuso del diritto. L'istanza e' presentata prima della scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione o per l'assolvimento di altri obblighi tributari connessi alla fattispecie cui si riferisce l'istanza medesima.)) ((23)) ((6. Senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti per i singoli tributi, l'abuso del diritto e' accertato con apposito atto, preceduto, a pena di nullita', dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto.)) ((23)) ((7. La richiesta di chiarimenti e' notificata dall'amministrazione finanziaria ai sensi dell'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell'atto impositivo. Tra la data di ricevimento dei chiarimenti ovvero di inutile decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere alla richiesta e quella di decadenza dell'amministrazione dal potere di notificazione dell'atto impositivo intercorrono non meno di sessanta giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notificazione dell'atto impositivo e' automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza dei sessanta giorni.)) ((23)) ((8. Fermo quanto disposto per i singoli tributi, l'atto impositivo e' specificamente motivato, a pena di nullita', in relazione alla condotta abusiva, alle norme o ai principi elusi, agli indebiti vantaggi fiscali realizzati, nonche' ai chiarimenti forniti dal contribuente nel termine di cui al comma 6.)) ((23)) ((9. L'amministrazione finanziaria ha l'onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d'ufficio, in relazione agli elementi di cui ai commi 1 e 2. Il contribuente ha l'onere di dimostrare l'esistenza delle ragioni extrafiscali di cui al comma 3.)) ((23)) ((10. In caso di ricorso, i tributi o i maggiori tributi accertati, unitamente ai relativi interessi, sono posti in riscossione, ai sensi dell'articolo 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e, successive modificazioni, e dell'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.)) ((23)) ((11. I soggetti diversi da quelli cui sono applicate le disposizioni del presente articolo possono chiedere il rimborso delle imposte pagate a seguito delle operazioni abusive i cui vantaggi fiscali sono stati disconosciuti dall'amministrazione finanziaria, inoltrando a tal fine, entro un anno dal giorno in cui l'accertamento e' divenuto definitivo ovvero e' stato definito mediante adesione o conciliazione giudiziale, istanza all'Agenzia delle entrate, che provvede nei limiti dell'imposta e degli interessi effettivamente riscossi a seguito di tali procedure.)) ((23)) ((12. In sede di accertamento l'abuso del diritto puo' essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie. 13. Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l'applicazione delle sanzioni amministrative tributarie.))

 

Sez. QUINTA CIVILE, Sentenza n.2007 del 26/01/2018 (ECLI:IT:CASS:2018:2007CIV), udienza del 10/01/2018, Presidente CHINDEMI DOMENICO Relatore ZOSO LIANA MARIA TERESA

 

la seguente SENTENZA sul ricorso 22771-2011 proposto da: QUADRIFOGLIO SRL in persona del legale rappresentante pro tempore, IMMOBILIARE VITTORIA SRL in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA PO 9, presso lo studio dell'avvocato FRANCESCO NAPOLITANO, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato ALESSANDRA MILITERNO giusta delega a margine; - ricorrenti - contro AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE CENTRALE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende; - controricorrente - avverso la sentenza n. 46/2011 della COMM.TRIB.REG. di ANCONA, depositata 1'08/02/2011; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/01/2018 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito per il ricorrente l'Avvocato MILITERNO che ha chiesto l'accoglimento; udito per il controricorrente l'Avvocato PISANA che ha chiesto il rigetto. R.G. 18991/2010

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA 1. In data 7 agosto 2007 la società Immobiliare Vittoria S.r.l. stipulava con la Banca delle Marche S.p.A. un contratto di mutuo ipotecario del valore di euro 1.300.000 con lo scopo dichiarato di voler eseguire la ristrutturazione di un suo immobile sito in Faenza. In data 12 ottobre 2007 la società Immobiliare Vittoria S.r.l. e Ghirardelli Giancarlo costituivano la società Quadrifoglio S.r.l. con capitale sociale di euro 20.000. Il signor Ghirardelli sottoscriveva il 50% del capitale sociale liberando la propria quota in denaro e la Immobiliare Vittoria S.r.l. sottoscriveva il restante 50% del capitale liberando la propria quota a mezzo del conferimento della piena proprietà dell'immobile sito in Faenza valutato euro 1.310.000 ed accollando alla conferitaria il mutuo ipotecario del valore di euro 1.300.000. La quantificazione del valore imponibile operata dalla parte era di euro 10.000, dato dal valore dell'immobile al netto delle passività accollate alla conferitaria. L'agenzia delle entrate notificava avviso di liquidazione dell'imposta complementare di registro con cui il valore netto del conferimento, inizialmente considerato pari ad euro 10.000, veniva riconosciuto inesatto poiché la stipula del mutuo, il conseguente incasso di euro 1.300.000 da parte della conferente e il successivo accollo di tale passività alla conferitaria rappresentavano una modalità di pagamento del prezzo dell'immobile conferito ma, nella realtà, ceduto alla conferitaria sicché doveva essere assoggettato ad imposta di registro proporzionale l'importo di euro 1.300.000 quale prezzo della cessione. Avverso l'atto impositivo proponevano distinti ricorsi la società Immobiliare Vittoria Srl e la società Quadrifoglio S.r.l.. La commissione tributaria provinciale di Pesaro, riuniti i ricorsi, li accoglieva. Proponeva appello l'agenzia delle entrate e la commissione tributaria regionale delle Marche lo accoglieva sul rilievo che, applicandosi l'articolo 20 del d.p.r. 131/86, la fattispecie doveva inquadrarsi come una pluralità di diversi negozi giuridici che, sotto la forma apparente, nascondevano un chiaro fine elusivo. 2. Avverso la sentenza della CTR le società contribuenti propongono ricorso per cassazione affidato a tre motivi illustrati con memoria. L'agenzia delle entrate si è costituita in giudizio con controricorso. 3. Con il primo motivo le ricorrenti deducono violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione all'articolo 112 cod. proc. civ.. Sostengono che la CTR ha accolto l'appello dell'agenzia delle entrate sulla base di una ricostruzione della fattispecie diversa da quella contenuta nell'atto impositivo e, dunque, sulla base di un petitum diverso da quello formulato dall'agenzia delle entrate. Ciò in quanto l'Ufficio aveva individuato nell'operazione complessa una cessione dell'immobile mentre la CTR ha qualificato la fattispecie sotto il profilo dell'abuso del diritto inteso come ricorso a strumenti giuridici che, ancorché legali, consentivano di eludere il fisco mediante operazioni non simulate ma poste in essere per trarne un beneficio fiscale.4. Con il secondo motivo deducono insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso decisivo per il giudizio, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ.. Sostengono che il giudice di secondo grado non ha motivato in ordine a quale sarebbe stato l'intento elusivo perseguito dalle parti né in ordine a quali sarebbero state le ragioni in forza delle quali ha ritenuto di accogliere la tesi dell'Ufficio omettendo di esaminare le argomentazioni svolte dalle parti in ordine alla sussistenza di valide ragioni economiche che avevano sorretto l'operazione. Secondo le ricorrenti la ragione dell'operazione consisteva in ciò che le parti avevano inteso costituire una società con paritetici conferimenti da parte dei soci che avrebbe dato luogo ad un'attività immobiliare interamente finanziata da terzi. Il socio Ghirardelli, invero, non sarebbe addivenuto alla costituzione della società qualora fosse stato tenuto a versare anch'egli un importo pari ad euro 1.310.000. 5. Con il terzo motivo deducono violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione agli articoli 20 e 50 del d.p.r. 131/86. Sostengono che i giudici di appello hanno applicato in maniera erronea l'articolo 20 del d.p.r. 131/86 in quanto hanno ricondotto ad unità più negozi tra loro completamente autonomi e distinti stipulati, peraltro, tra persone diverse laddove, invece, l'atto costitutivo della società con contestuale accollo del mutuo costituiva un negozio avente una propria autonomia sotto il profilo fiscale. ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso, pur prescindendo dai profili di inammissibilità derivanti dalla inesatta formulazione del motivo, è infondato poiché in tema di procedimento tributario, - come in quello civile, non sussistendo sul punto preclusione di compatibilità - l'applicazione del principio iura novit curia fa salva la possibilità-doverosità per il giudice di dare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite nonché all'azione esercitata in causa, ricercando, a tal fine, le norme giuridiche applicabili alla vicenda descritta in giudizio e ponendo a fondamento della sua decisione disposizioni e principi di diritto eventualmente anche diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti, con il solo limite dell'immutazione della fattispecie da cui conseguirebbe la violazione del principio di correlazione tra il chiesto ed il pronunciato ( Cass. n. 11629 del 11/05/2017 ). 2. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione giuridica. L'art. 20 D.P.R. 131/86 dispone che "l'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici, degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente". La Corte di legittimità, con numerose pronunce anche recenti ( Cass. 21676 del 2017; n. 6758 del 2017; n. 1955 del 2015; n. 24594 del 2015; n. 3481 del 2014 ) considera preminente, nell'imposizione, la causa reale dell'operazione e l'effettiva regolamentazione degli interessi realmente perseguita dai contraenti, e ciò anche se rinveniente in pattuizioni collegate. Ed ha precisato la Corte, poi, che la scelta legislativa di privilegiare la sostanza dell'operazione comporta che "gli stessi concetti privatistici sull'autonomia negoziale regrediscano a semplici elementi della fattispecie tributaria", sicché nella individuazione della materia imponibile ha preminenza assoluta la "causa reale sull'assetto cartolare" ( Cass. n. 19752 del 2013; n. 10740 del 2013 ) dovendosi considerare, altresì, "l'indisponibilità della qualificazione contrattuale ai fini fiscali". Sono quindi prive di rilievo le questioni relative all'interpretazione dei contratti e all'autonomia negoziale delle parti poiché ha importanza non cosa le parti abbiano scritto, ma ciò che esse abbiano effettivamente realizzato col complessivo regolamento negoziale adottato, anche indipendentemente dal contenuto delle dichiarazioni rese. Pertanto quando gli atti sono plurimi e funzionalmente collegati non può rilevare che la causa concreta dell'operazione complessiva, posto che il ritenere l'imposta di registro come imposta di negozio correlata alla causa concreta dell'operazione costituisce applicazione del principio costituzionale di capacità contributiva.Un'interpretazione atomistica dell'operazione negoziale non è in grado di misurare il reale movimento di ricchezza, che si rivela soltanto nella dimensione complessiva dell'affare ( Cass. n. 6758 del 2017). Nel caso che occupa la società Immobiliare Vittoria S.r.l. ha stipulato il contratto di mutuo ipotecario di euro 1.300.000 ed ha incassato tale somma. Successivamente ha sottoscritto la quota pari al 50% del capitale sociale della Quadrifoglio s.r.l. a mezzo del conferimento dell'immobile valutato euro 10.000 e dell'accollo del mutuo di euro 1.300.000 da parte della società conferitaria. La causa concreta dell'operazione non può, dunque, che essere ravvisata nella cessione dell'immobile alla Quadrifoglio s.r.I., con conseguente assoggettamento dell'operazione all'imposta di registro calcolata non solo sull'importo di euro 10.000 ma anche su quello di euro 1.300.000 poiché la società conferente ha perduto la disponibilità dell'immobile per averne conferito la proprietà alla conferitaria ed ha trattenuto, a titolo di remunerazione, la somma di euro 1.300.000 ricevuta n mutuo dalla banca. Non è ravvisabile alcuna altra causa concreta del negozio, posto che la realizzazione del fine sociale costituito dallo svolgimento di attività immobiliare con apporto paritetico da parte dei soci e con il ricorso al finanziamento di terzi avrebbe potuto essere perseguita con la sottoscrizione di quote di euro 10.000 da parte di ciascuno dei soci e con l'accensione da parte della costituita società di un mutuo ipotecario che avrebbe consentito di acquistare l'immobile e di procedere alla sua ristrutturazione. Del resto le stesse contribuenti hanno dichiarato che il mutuo originariamente acceso dalla conferente era pari ad euro 2.800.000 e che la residua parte di euro 1.500.000 è stata conferita in seguito alla società per procedere alla ristrutturazione, senza peraltro precisare a quale titolo sia stata effettuata tale dazione alla Quadrifoglio s.r.I.. Ciò conferma, dunque, anche per altra via la natura di corrispettivo della cessione dell'accollo del mutuo limitatamente alla parte di euro 1.300.000. Sostengono le contribuenti che dovrebbe trovare applicazione anche al caso che occupa l'art. 20 d.p.r. 131/86 nel testo modificato dall'art.1, comma 87, lett. a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020 ) pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n.302 del 29 dicembre 2017- Supp. Ord. n. 62, ed entrata in vigore l' 1 gennaio 2018. Il novellato art. 20 cit. prevede che "L'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell'atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall'atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi". Sennonché alla norma non si può riconoscere l'effetto interpretativo di quella previgente poiché essa introduce dei limiti all'attività di riqualificazione giuridica della fattispecie che prima non erano previsti, fermo restando che l'amministrazione finanziaria può dimostrare la sussistenza dell'abuso del diritto previsto dall' art. 10 bis della legge 212/2000 (introdotto dal D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128), il quale, alla lettera a), attribuisce espressamente rilevanza al collegamento negoziale, ma nel solo ambito, appunto, dell'abuso del diritto e non più in quello della mera riqualificazione giuridica. E mette conto considerare che l'orientamento giurisprudenziale prevalente ha escluso la natura antielusiva dell'art. 20 a beneficio di quella della qualificazione giuridica della fattispecie (Cass. 21676 del 2017; n. 6758 del 2017; n. 1955 del 2015; n. 24594 del 2015; n. 24594 del 2015; n. 1955 del 2015; contra n. 2054 del 2017; n. 6835 del 2013; n. 24452 del 2007; n. 2713 del 2002), per il che non si può affermare che la modifica introdotta all'art. 20 d.p.r. 131/86 dalla legge 27 dicembre 2017 n. 205 abbia natura interpretativa alla luce dell'art. 10 bis della legge 212/2000 poiché tale ultima norma disciplina il diverso ambito dell'abuso del diritto. Non varrebbe obiettare che la relazione illustrativa alla legge 205/17 assegna alla disposizione concernente l'imposta di registro il compito di "chiarire" il criterio di individuazione della natura e degli effetti che devono essere presi in considerazione ai fini della registrazione. Tale elemento può, infatti, agevolmente superarsi sulla base del tenore testuale infine adottato dallo stesso art.1 co.87 in esame, il quale dichiara espressamente di apportare talune "modificazioni" all'art.20 d.P.R. 131/86, palesandosi così quale disposizione prettamente innovativa del precedente assetto normativo. E ciò trova conferma, in accordo con il dato letterale del nuovo disposto, anche in ragione del fatto che tale modificazione ha determinato una rivisitazione strutturale profonda ed antitetica della fattispecie impositiva pregressa; là dove l'art.20 previgente (secondo l'indirizzo di legittimità) imponeva la tassazione sulla base di elementi (il dato extratestuale ed il collegamento negoziale) che vengono invece oggi espressamente esclusi; fatto salvo il loro 'recupero', come detto, nel diverso ambito della sopravvenuta disciplina dell'abuso del diritto di cui all'art.10 bis legge 212/00 cit.. In definitiva, va dunque affermato che l'art.1, comma 87, lett. a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 non avendo natura interpretativa, ma innovativa, non esplica effetto retroattivo; conseguentemente, gli atti antecedenti alla data di sua entrata in vigore (1^ gennaio 2018) continuano ad essere assoggettati ad imposta di registro secondo la disciplina risultante dalla previgente formulazione dell'art.20 d.P.R. 131/86. 3. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a rifondere all'agenzia delle entrate e le spese processuali che liquida in euro 7.000,00, oltre alle spese

 

 

 

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